Le tre profezie di Giulio Tremonti

“Le tre profezie. Appunti per il futuro” (Solferino, pagg. 178, € 16,00) è un libro la cui lettura dovrebbe essere caldamente raccomandata dagli insegnanti a tutti gli studenti dalla IV superiore in su.

L’autore, Giulio Tremonti, docente universitario, già ministro dei dicasteri delle Finanze e dell’Economia in alcuni governi Berlusconi, è uno degli intellettuali più preparati che possa vantare oggi il nostro Paese.

Le tre profezie su cui egli si attarda sono sinteticamente riassunte nella seconda di copertina: «Quella di Marx sulla deriva del capitalismo globale, la previsione del Faust di Goethe sul potere mefistofelico del denaro e del mondo digitale (dove al posto del vecchio “cogito” vale un categorico “digito ergo sum”!), infine l’intuizione di Leopardi sulla crisi di una civiltà che diviene cosmopolita».

Di fatto l’Autore rivisita gli ultimi cinque lustri di italica storia alla luce dei principali eventi che hanno caratterizzato il capovolgimento della piramide su cui si era costruita l’Europa. «Da Maastricht in poi la piramide del Trattato di Roma del 1957 è stata capovolta: da ˄, come era all’origine, a ˅, come è oggi», si legge a pagina 108.


Introducendo il cosiddetto “meccanismo finanziario europeo”, annota l’Autore, « gli Stati nazionali sono obbligati a trasferire una parte dei loro fondi nazionali a Bruxelles. Bruxelles li “restituisce”, ma direttamente alle Regioni, scavalcando gli Stati nazionali… esattamente come previsto nel “manifesto di Ventotene” (scritto nel 1941). Un meccanismo che in Italia ha funzionato molto male, ma che in Spagna ha invece funzionato… fin troppo bene. Si veda il caso della Catalogna! E si noti che la Catalogna potrebbe essere solo l’inizio di un processo di decostruzione politica capace di interessare anche altre Regioni europee».

Avendo vissuto da protagonista quest’ultimo quarto di secolo, Tremonti scrive con cognizione di causa ricordando, sempre a proposito d’Europa, come questa non fosse stata organizzata per gestire «crisi vere o create dal nulla, come quelle della Grecia o dell’Italia. Nel caso della Grecia (non è stata la Grecia a entrare in Europa, ma l’Europa a entrare in Grecia, inondandola di “denaro facile”), l’Europa ha violato il suo principio fondamentale di “solidarietà”. Nel caso dell’Italia, l’Europa ha organizzato qualcosa di simile a un “golpe finanziario”».


Per spiegare il motivo per cui l’Europa debba cambiare struttura, all’Autore bastano poche parole. Dice: «L’Europa rappresenta circa il 6 per cento della popolazione mondiale, il 20 per cento del Pil globale, il 40 per cento del welfare, finanziato in deficit». Tre numeri che si commentano da soli, o no?

Lucidissima la ricostruzione della vicenda degli Eurobond (apprezzati da numerosi economisti; uno su tutti, Alberto Quadro Curzio) che merita di essere integralmente riportata. «Gli Eurobond erano stati proposti in modo informale nel 1994, e nuovamente in via ufficiale nel 2003, con la Presidenza europea italiana, e poi ancora dal governo italiano, nel 2010, per il finanziamento delle infrastrutture e soprattutto per il finanziamento della difesa europea», scrive Tremonti a pagina 117. «Il ministro tedesco rifiutò il piano, dicendo: “No a un maggior debito pubblico!”. Ma non aveva capito che gli Eurobond non erano destinati a emettere più debito di quello consentito, ma solo a farlo in modo diverso e per altri fini.

Il Cancelliere dello Scacchiere, inglese, capì invece il senso politico degli Eurobond. E, di conseguenza, la sua reazione fu negativa, ma per una diversa ragione: gli Eurobond finirebbero per essere uno strumento per la costruzione della nazione europea (nation building): no grazie! Il ministro tedesco disse no perché non aveva capito. Il Cancelliere disse no, perché aveva capito!».

Sono tantissime le azzeccate citazioni e le acute riflessioni su cui ci si potrebbe soffermare nel libro del professor Tremonti. Le lasciamo però al lettore che invitiamo ad immergersi nella lettura delle sue dense pagine. Non rimarrà deluso e, aldilà dell’opinione che si sarà fatto del Tremonti uomo di governo, scoprirà che si tratta di autentico studioso che ha dato – e continua a dare – lustro all’Italia, impegnandosi pure a fare il bene dell’Europa.

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